E’ piuttosto evidente come la festa di Halloween stia prendendo sempre più piede anche in Italia, tanto da essere considerata, soprattutto dalle nuove generazioni, come uno degli appuntamenti più attesi dell’anno. Bambini che vanno di casa in casa suonando campanelli e urlando: “Dolcetto o scherzetto?“, feste a tema, zucche intagliate; sono tutti elementi, che stanno diventando sempre più familiari. Tutto questo ha creato una divisione tra gli amanti di questa festa e quelli che la ritengono qualcosa di estraneo alle nostre tradizioni. Qualcosa di “importato” frutto dell’imitazione e assolutamente fuori luogo da noi.

In realtà, se è vero che questa festa, così come la celebriamo oggi, è sicuramente frutto dell’imitazione dovuto a quanto visto in tv o letto nelle storie provenienti da oltreoceano, è anche vero che le vecchie tradizioni italiane hanno molto spesso commemorato i giorni che vanno dal 31 ottobre al giorno di San Martino, ovvero l’11 novembre. Durante questo periodo, si celebravano in abbondanza riti di accoglienza per i defunti, si preparavano dolci dai nomi tutt’altro che rassicuranti (come ad esempio le “ossa di morto“, biscotti speziati della tradizione siciliana), zucche intagliate, pratiche divinatorie e racconti terrificanti. Questo a dimostrazione che la struttura della festa è sicuramente di derivazione europea e aveva larghissima diffusione, tanto che veniva considerato un vero e proprio capodanno.

Dal IV secolo d.C. la Chiesa d’Oriente aveva sentito il bisogno di celebrare i martiri e i santi durante il tempo pasquale. A Roma dal 610 d.C. questa festa venne collocata il 13 maggio. Dall’VIII secolo in poi, la Chiesa romana spostò la ricorrenza al primo giorno di Novembre. Si ritiene che il motivo di questo spostamento derivasse dal bisogno di sovrapporre una ricorrenza cristiana a una precristiana, che si festeggiava da tempo alla chiusura dei grandi lavori nei campi e all’inizio della cosiddetta “stagione scura”. Per sostituire senza snaturare troppo le caratteristiche di “Festa dei morti” dell’antico capodanno celtico (il Samain celebrato nei primi giorni di Novembre), la chiesa dedicò il giorno successivo, il 2 novembre, alla commemorazione dei defunti.

Quando verso la metà del 1800, per sfuggire a una tremenda carestia, moltissimi irlandesi dovettero emigrare in America, portarono con loro un bagaglio di tradizioni legate all’antico capodanno, che negli Stati Uniti prese poi la forma moderna. Quindi, tornando alle varie posizioni sul tema di questa festa, non è così semplice definire chi abbia importato cosa.

In Italia, da nord a sud, sono presenti vecchie tradizioni e storie, che raccontano di quanto questa festa fosse sentita e celebrata dalle varie popolazioni. Di seguito alcuni esempi tratti dal libro Halloween – Nei giorni che i morti ritornano di Eraldo Baldini e Giuseppe Bellosi; un interessantissimo viaggio nel folclore e nella cultura del nostro passato:

In questi giorni scuri, in Piemonte ci si raccoglieva alla sera insieme a tutti i parenti a recitare il rosario e cenare con le castagne. Finita la cena, non si sparecchiava e si lasciavano invece le tavole imbandite con il resto delle vivande avanzate dalla cena. La notte, si diceva, venissero i poveri morti a cibarsene. Nella laguna veneta non ci si imbarcava per la pesca, perché i morti annegati si sarebbero arrampicati lungo la chiglia col pericolo di affondamento. A Piacenza, presso molte famiglie, si soleva lasciare sulla tavola, per le anime, una fondina di castagne pelate e bollite con i semi di finocchio. In provincia di Arezzo, gli abitanti del casentino, quasi in massa, credevano fermamente negli spiriti. Li vedevano e sentivano in molti luoghi e quando ne parlavano li chiamavano “quella gente”, abbassando la voce. In Molise, le credenze e gli usi di Agnone (Isernia) prevedevano il ritorno dei morti nel giorno di Ognisanti; Appena in libertà, i morti si disponevano in una lunga processione e man mano che ciascuno giungeva in prossimità di quella che fu la sua casa, lasciava il corteo e tornava tra i parenti. Perciò la sera del primo novembre si andava a dormire presto altrimenti i morti non sarebbero potuti rientrare in casa. Si aveva anche la cura di lasciare la tavola apparecchiata e l’acqua nella tinozza, perché il morto potrebbe aver avuto bisogno di ristorarsi. A Villamarina (Avellino) molti credevano che i morti si recassero in chiesa per ascoltare la messa celebrata da un sacerdote, anch’egli defunto. In Sicilia ci sono documenti che parlano di bambini coperti da lenzuola bianche e a lume di lanterna, che andavano questuando dopo mezzanotte dolciumi e alimenti per le abitazioni presentandosi esplicitamente come i “morti”.

Come si può intuire, tutti gli elementi della celebrazione di Halloween, nella forma riscontrabile oggi negli Stati Uniti e in varie parti del mondo, erano già da tempo immemorabile presenti nel nostro folclore relativo ai giorni che vanno da Ognisanti al giorno di San Martino. Le zucche svuotate e intagliate erano un’usanza molto diffusa in parecchie località nostrane, ben prima che gli Irlandesi introducessero la pratica negli USA. Per un’analisi più approfondita di questo tema, vi consiglio la lettura del libro dal quale ho tratto la maggior parte delle informazioni presenti in questo articolo (presente nella bibliografia).

Bibliografia: Halloween – Nei giorni che i morti ritornano di Eraldo Baldini e Giuseppe Bellosi

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